STORIA DI GUIDONIA-MONTECELIO

Dai primi insediamenti a Corniculum

L’insediamento umano sull’attuale territorio di Guidonia Montecelio è riconducibile a 6000 anni fa circa, nel periodo Neolitico in cui, come dimostrato dai numerosi reperti ritrovati, c’erano insediamenti umani sia sugli altipiani che vicino ai corsi d’acqua, stagni e laghi, dove c’era abbondanza di cacciagione.

Gli stessi fattori geografici favorevoli determinarono i numerosi insediamenti dell’età del bronzo. I monti denominati Cornicolani e Tiburtini, nome attribuito alle colline su cui sorgono gli attuali paesi di Montecelio, con il vicino Monte Albano, il diruto Poggio Cesi e S. Angelo Romano, risultano abitati stabilmente già dal X sec. a.C., quando popolazioni latine vivevano in gruppi di capanne sparse. A quell’epoca risale la nascita di Corniculum, città preromana situata dagli archeologi sul colle dove ora è il centro abitato di Montecelio, il cui significato originario del nome trova la sua spiegazione nella forma appuntita dei due colli che ricordano due corna. Legato alla città di Corniculum è il nome del re Servio Tullio, che sarebbe originario di questo territorio e a cui è dedicata una delle vie principali di Montecelio. L’antica Corniculum venne completamene distrutta da Tarquinio Prisco, che nel VI sec. a.C. l’assoggettò al dominio di Roma.

Gli studi attuali però fanno derivare, tra le altre ipotesi, il nome dei Cornicolani da corniculum (piccolo corno) per la forma spiccatamente conica delle colline, in particolare di quella meridionale che si divide nelle due elevazioni di Montecelio (m 389) e del contiguo Monte Albano (m 370).

Sembra però che la Rocca, sorta durante il Medioevo sul colle di Montecelio e che tuttora domina l’abitato, venne edificata sulle rovine dell’arce primitiva, utilizzandone in parte i materiali di costruzione ed inglobando nelle sue strutture un tempietto romano del I secolo a.C. Durante l’età Repubblicana la presenza di Roma in questa area si fa sentire sia dal punto di vista politico che da quello economico e, accanto ai terreni e alle case agricole, vengono costruite ville agricole e residenziali. In prossimità del fiume Aniene vengono costruiti strade e acquedotti, per rendere agevoli le comunicazioni e i trasporti con Roma, che utilizza questi territori per il suo approvvigionamento. In epoca Imperiale le derrate provenienti da fuori Italia provocano però la svalutazione agricola dell’area, le campagne si spopolano e si diffonde il latifondismo. Proprio in questo periodo intorno alle sorgenti termali delle Acque Albule si diffondono le ville residenziali che rivaleggiavano in bellezza e ricchezza con quelle sparse sulle fresche alture tiburtine.  

Il Medioevo e Monticelli

Durante il Medioevo, le alterne vicende susseguitesi alle incursioni barbariche ebbero conseguenze esiziali per l’economia. Le villae vennero abbandonate e furono interrotte le attività agricole, i canali di drenaggio ostruiti o distrutti, i collettori delle acque e le cisterne inutilizzabili, finché la pianura divenne paludosa, malarica ed inospitale.

Le notizie più sicure che si hanno sullo sviluppo demografico e topografico dell’attuale territorio comunale, sono quelle riguardanti il centro di Montecelio. Esso è infatti l’unico, tra i nuclei abitati sorti in quest’area durante tale periodo storico, ad aver accentrato un numero rilevante di popolazione e ad essersi mantenuto in vita con continuità insediativa fino ai nostri giorni.

Le scarse popolazioni superstiti si raccolgono intorno alla Basilica di San Vincenzo alle falde nord-orientali di Montecelio pronte a nascondersi, all’occorrenza, tra le rupi e la fitta vegetazione che ne ricopriva la vetta.

La prima notizia che si ha di Montecelio appare in una Bolla di Benedetto VII del 973 che indica il luogo, allora denominato Monticelli, tra i possedimenti della Chiesa di Tivoli.

Verso la fine del I Millennio c’è la ripresa della vita sociale intorno alle torri sparse lungo gli assi viari della Tiburtina e della Nomentana, e nasce l’insediamento di Monticelli che presto si sdoppierà in due borghi distinti: il Castrum Montis Albani e il Castrum Monticellorum, che ha la sua data di fondazione ufficiale nel 998, ed accoglie le prime popolazioni stabili intorno alla rocca, sul punto più alto della collina. Il paese di Monticelli, modificato in Montecelio con regio decreto legge n°912 del 23 giugno 1872, prende il nome dalla due cime su cui è posto. Il primo documento medievale che ne attesta l’esistenza lo definisce Castrum Monticellorum.

Alla fine del X secolo esisteva già la Rocca, il castello fortificato fatto costruire dai Crescenzi, una potente famiglia della Bassa Sabina.

Il borgo rimase nelle mani dei Crescenzi fino al XII sec, per poi passare ai monaci di San Paolo. In seguito il territorio fu sotto la signoria di diverse famiglie feudali tra cui i Colonna, i Capocci, gli Orsini, i Cesi, di cui il Borgo conserva ampia memoria, e i Borghese. Proprio sotto i Cesi, la comunità si diede uno Statuto, che rispecchiava comunque il carattere particolare dei comuni dell’area romana, dipendenti totalmente dal feudo e dai baroni. Verso la metà del Cinquecento, vi fu un aumento della popolazione nell’area dovuto alla venuta di lavoratori presso le cave di travertino delle Fosse e delle Caprine, a cui seguì un ampliamento urbano

L’Età moderna e lo sviluppo delle cave

Con la fine del Medioevo, mutata la situazione politica, diminuiti i pericoli di conflitti locali, Monticelli non perde la sua importanza strategica ma si avvia ad una vita più tranquilla. A fronte del disfacimento economico che subisce alla fine del Rinascimento tutto l’Agro Romano, con la chiusura delle ville residenziali, il territorio cornicolano e quello tiburtino vivono una stagione ancora ricca di fermenti culturali ed economici. In particolare, a partire dal 1400, la produzione di travertino ha un suo rilancio dovuto alle fabbriche di Roma.

L’industria del travertino e della calce andarono di pari passo e, la necessità di produrre quest’ultima in grande quantità, spinse ad ottimizzare la produzione: la pietra calcarea, dunque, invece di essere trasportata dai monti Cornicolani, si ricavava dalle cave stesse del travertino, sia utilizzando le scaglie, sia i blocchi di non buona qualità. In questo modo i lavoranti stessi non interrompevano mai la loro attività e tutti gli impianti erano concentrati in un unico punto con notevole risparmio nei trasporti. Il commercio di questi prodotti fu il volano di un intenso traffico gestito da mercanti dalle grandi capacità imprenditoriali. Ingenti quantità di legno per le fornaci giungevano dai territori di Monticelli, Palombara e Sant’Angelo ma anche da località più lontane come la macchia costiera di Ostia ed addirittura della Garfagnana. Nelle miniere dell’alto Lazio veniva estratto il ferro per gli attrezzi degli scalpellini, che si reclutavano soprattutto in Lombardia e Piemonte. Mentre da Cisterna di Latina provenivano i butteri che con i loro bufali si incaricavano del trasporto. Si costruì un porto di imbarco in territorio di Lunghezza dove i carri (lunghi fino a dieci metri, con otto paia di ruote doppie, trainati da 16 bufali) scaricavano il travertino sulle chiatte, governate da un equipaggio di 9 uomini, per il traino fino a Roma.

Il 31 luglio del 1656 il Bernini firma il contratto per l’edificazione del colonnato di San Pietro e quattro anni più tardi si stipulano gli accordi per la fornitura del travertino dalle cave poste sulla via Tiburtina, necessario alle fondazione ed alle 284 colonne alte 13 metri.

Una grande attività, dunque, ferveva lungo i terreni gravitanti sulla via Tiburtina e lungo via della Selciatella; mentre il resto dell’Agro declinava velocemente e si spopolava, Montecelio continua la sua storia fatta di uno sviluppo lento ma continuo. Le attività agricole, in particolare uva e vino, l’attività estrattiva e le fornaci di calce, offrono un relativo benessere testimoniato anche da un persistente flusso migratorio che fa stabilire nel paese famiglie provenienti dalle zone appenniniche, in particolare dalle Marche. I lavoratori più richiesti erano i carbonai che venivano addetti alla cottura della calce. La corretta disposizione dei blocchi di calcare nella fornace e la cura del fuoco erano le attività più delicate ed in questo i Montecillesi avevano raggiunto una grande maestria per cui la loro produzione era la più richiesta dai costruttori dell’Urbe. Proprio a causa della incessante attività delle fornaci di calce si estinse la maggior parte dei boschi dei dintorni.

Nel XIX secolo, il comune di Monticelli conobbe vari passaggi di truppe straniere, compreso quello da parte dei Garibaldini, nel 1859, durante la marcia da Roma ad Arezzo. Dopo il 20 settembre 1870 Roma si trovava proiettata al centro del nuovo Stato Italiano, cuore di un paese ancora proto-industriale che entra nel pieno della vita politica europea. Monticelli fu uno degli ultimi territori ad essere annessi al Regno d’Italia, nel 1870, e nel 1872 il nome cambierà ufficialmente in Montecelio. L’arrivo delle numerose delegazioni straniere nella nuova capitale, l’insediamento della classe dirigente piemontese, il riaccendersi della vita culturale non possono che mettere in risalto il profondo degrado economico, ambientale e sociale appena al di là delle mura aureliane. Nelle campagne era molto diffusa la malaria contro la quale, solo a partire dal 1900, si iniziò un’imponente campagna di profilassi. Le migliorate condizioni ambientali diedero impulso all’agricoltura ed ai lavori di bonifica. La conseguenza fu un vertiginoso aumento della immigrazione, uomini e donne si affollavano, spesso con le proprie famiglie, in villaggi di capanne in condizioni di grande precarietà.  

La Prima Guerra Mondiale e l’aeroporto

Durante la prima guerra mondiale emerse con chiarezza che i recenti sviluppi della tecnica aeronautica conferivano all’Aviazione significative potenzialità belliche, di conseguenza le nazioni contendenti cercarono di accrescere le proprie capacità in questo nuovo tipo di guerra. A tal fine, nel 1916 venne decisa la costruzione, in località Le Prata, di un campo di addestramento per piloti militari. Questo campo fu intitolato al tenente colonnello Pilota Alfredo Barbieri, morto in combattimento il 18 febbraio dello stesso anno. Al termine della grande guerra, il Campo di Montecelio fu adibito ad attività di ricerca e sperimentazione, e vi fu dislocata la Direzione Sperimentale dell’Aviazione.

La decisione di collocare, in piena guerra, un aeroporto militare intorno al cinquecentesco Casale dei Prati che ne ospitò il comando, diede un’inaspettata svolta al destino di Montecelio.

Era una zona spopolata al confine di Tivoli, ricca di piatti pascoli e terreni seminativi, servito dalla linea ferroviaria Roma-Sulmona, a cinque chilometri di distanza dall’abitato che offriva la manodopera necessaria per il suo funzionamento. Costruito una dozzina d’anni dopo il pionieristico volo dei fratelli Wright, a sette anni dal primo brevetto ottenuto dal pilota Mario Calderara, l’aeroporto di Montecelio nasce per l’addestramento di nuove squadriglie di aviatori. Inizialmente erano usati due campi di volo: uno, il cui asse di simmetria era rappresentato, grosso modo, dall’attuale via Maremmana Inferiore; l’altro, si estendeva quasi fino alla zona che oggi occupa la città di Guidonia.

Come campo sperimentale fu scelto quello di Montecelio rispetto a quello di Centocelle, ormai troppo vicino alle abitazioni di Roma, e per questo, anche se alla fine del conflitto mondiale l’attività fu drasticamente ridotta e per molti mesi il campo fu deposito di rottami d’aerei, l’aeroporto Barbieri mantenne alcune limitate attività legate al Comando Scuola Aviatori, al Comando Scuola Allievi Osservatori, un Raggruppamento Aerocostieri e Dirigibilisti di Roma e fu sede di una Squadriglia Sperimentale.

La rinascita dell’Aeroporto seguì di pari passo quella dell’Aviazione Italiana, ad iniziare dal Regio Decreto del 28.3.1923 nº654 che trasformò l’Arma Aeronautica in Regia Aeronautica. La nuova invenzione, con il suo rivoluzionario impatto con la realtà e le sue strabilianti potenzialità, avevano subito fatto presa nell’immaginario popolare e di chi ne aveva intuito il valore propagandistico.

Il Fascismo mostrò il suo interesse già dal 1919, quando Giuseppe Bottai indisse, nella sede di via degli Avignonesi, un’adunata aviatoria da cui prese vita il primo Sindacato Aviatori e il Gruppo Romano Aviatori Fascisti “Natale Palli”. Nel 1921, appena eletto deputato, Mussolini fondò a Montecitorio il Gruppo Parlamentare Aeronautico e da primo ministro costituì il Ministero dell’Aeronautica assumendone anche la delega.

La Regia Aeronautica, subito dopo la Royal Air Force, fu la seconda al mondo a strutturarsi in forza armata autonoma e la sua grande stagione coincise proprio con il regime fascista che ne esaltò le possibilità propagandistiche: la ripetuta ricerca di record, i raid transoceanici, segno di una superiorità della tecnologia italiana, ebbero una notevole ricaduta d’immagine. L’aeroporto Barbieri diventò il luogo di incontro di piloti, tecnici ed ingegneri che poterono così scambiarsi una notevole serie di informazioni ed esperienze che contribuirono allo sviluppo degli studi aeronautici e resero famoso nel mondo il nome di Montecelio.

Nel 1923 Alessandro Guidoni venne incaricato di costituire il Corpo Tecnico dell’Aeronautica. Egli riunì tutti i laboratori sperimentali sotto la direzione del Genio Aeronautico ed iniziò il trasferimento dei laboratori a Montecelio. Alla morte del Guidoni, nel 1928, subentrò un altro tecnico: Gaetano Arturo Crocco. Sotto la sua direzione si continuò l’opera di ampliamento delle strutture di accorpamento dei laboratori. Si costruirono anche edifici ad uso civile (alloggi, scuola ed ufficio postale), precursori della nascita della futura città aeronautica di Guidonia. Nello stesso periodo si disponeva di riorganizzare le costruzioni aeronautiche creando la Direzione superiore studi ed esperienze (DSSE).

Guidonia Città dell’Aria

Guidonia nasce nel 1935 e deve il suo nome al generale del genio aeronautico Alessandro Guidoni che, nell’intento di provare il funzionamento di un paracadute di nuova concezione, si schiantò al suolo presso l’aeroporto militare di Montecelio, costituente il nucleo intorno al quale si svilupperà fino al 1943 la “Città dell’Aria”.
Già dalla scelta del nome è evidente come le sorti e la nascita della città furono  strettamente e indissolubilmente legate a quelle dell’aeronautica italiana e dell’aeroporto A. Barbieri.
Nel 1923, Alessandro Guidoni venne incaricato di costituire il Corpo Tecnico dell’Aeronautica. Egli riunì tutti i laboratori sperimentali sotto la direzione del Genio Aeronautico ed iniziò il trasferimento dei laboratori a Montecelio. In questo fervente clima di scienza, il 27 aprile del 1928 nel collaudo di un paracadute il Generale Alessandro Guidoni, esperto pilota di idrovolanti, perse  la vita e la cittadina sorta intorno all’Aeroporto prese il suo nome. Alla morte del Guidoni, nel 1928, subentrò un altro tecnico: Gaetano Arturo Crocco. Sotto la sua direzione si continuò l’opera di ampliamento delle strutture di accorpamento dei laboratori. Si costruirono anche edifici ad uso civile (alloggi, scuola ed ufficio postale), precursori della nascita della futura città aeronautica di Guidonia e proprio nello stesso periodo si dispose di riorganizzare le costruzioni aeronautiche creando la Direzione superiore studi ed esperienze (DSSE).

La costruzione degli edifici del DSSE fu iniziata, su progetto di Jammarino e Traverso, nel 1932 e portata a termine nel 1935. I laboratori, frequentati anche da personale civile, prenderanno il nome di Guidonia, come la città che si fonderà qualche anno più tardi. Progettata e costruita ex novo intorno all’aeroporto, in seguito alla decisione di riorganizzare e trasferire  da Roma il settore delle costruzioni aeronautiche, Guidonia sorge e viene progettata come città di fondazione Fascista. Il nucleo intorno all’aeroporto viene progettato in puro stile razionalista, col proposito di creare una città-giardino, con un aspetto moderno ed efficiente, che desse idea di progresso.

 Il comune di Guidonia Montecelio venne istituito con Regio decreto legge, firmato da Vittorio Emanuele III, il 21 ottobre 1937 ed inaugurato dieci giorni più tardi da Benito Mussolini alla presenza di una platea che comprendeva grandi personalità del mondo politico e militare.
Alla nascita i territori comunali, pari ad 8104 ettari, compresero:
• quelli dell’ex comune di Montecelio (2786 ettari), tranne una rettifica di confine con S. Angelo Romano (76 ettari);
• 3441 ettari distaccati dal Governatorato di Roma;
• 1875 ettari dal Comune di Tivoli;
• 78 ettari da quello di S. Angelo Romano.
In questo modo il nuovo comune si configurò come un ingrandimento territoriale del precedente, pari a circa tre volte la sua superficie originaria.
Il secondo dopoguerra
Nel secondo dopoguerra Guidonia Montecelio è passata, in un tempo relativamente breve, da piccola cittadina di provincia a terzo comune della regione, superando gli 80.000 abitanti.

Fino agli anni sessanta l’economia del territorio ha ruotato intorno all’aeroporto militare, alle attività industriali delle cementerie e delle cave, oltre ad una consistente attività agricola con coltivazioni di tabacco, grano, ulivo e vite.
L’espansione urbanistica dell’epoca è stata di bassa intensità e legata alla realizzazione di case di abitazione da parte degli stessi proprietari.
Dopo gli anni settanta è iniziato un boom della popolazione con massicci arrivi da Roma, pendolari che con la Capitale mantengono un rapporto stretto per via del lavoro.  Nascono in questo periodo e si sviluppano svariati centri abitativi: Villanova, Villalba, Setteville, Colleverde. L’asse tiburtino cambia aspetto, a causa dell’incremento di insediamenti industriali.