L’AEROPORTO DI GUIDONIA

Nel 1916 il Ministero della Guerra decise di adibire a campo di aviazione per l’addestramento dei piloti militari il vasto territorio pianeggiante, denominato “Le Prata”, che si stendeva alla base dei Colli Cornicolani nei pressi del borgo medievale di Montecelio. Il campo fu intitolato al tenente colonnello pilota Alfredo Barbieri, morto eroicamente in combattimento il 18 febbraio dello stesso anno. Per la costruzione delle opere vennero utilizzati anche alcune centinaia di prigionieri di guerra austriaci, oltre a mano d’opera locale.

Terminato rapidamente sotto la pressione degli eventi bellici, vi si svolse intensa attività di addestramento per tutta la prima guerra mondiale. Nel 1918, quando vi giunse il 2° Corso Allievi Ufficiali Aviatori, che aveva appena completato gli studi presso la Scuola Militare di Caserta, l’aeroporto arrivò ad ospitare fino a 500 aspiranti piloti e istruttori di volo.

Dopo la guerra, la pubblica opinione manifestò un generalizzato rifiuto nei confronti del mezzo aereo e il campo di Montecelio, pur mantenendo alcune limitate attività addestrative legate al Comando Scuola Aviatori e al Comando Scuola Allievi Osservatori, divenne più un deposito di rottami d’aerei che un aeroporto. In quel periodo vi venne allocato anche il Raggruppamento Aerostieri e Dirigibilisti di Roma e una Squadriglia Sperimentale, primo nucleo di quell’attività di studio e sperimentazione aeronautica che lo avrebbe caratterizzato. Si può affermare però, che Montecelio divenne sede delle prime attività organizzate di ricerca e sperimentazione in campo aeronautico militare solo all’inizio del 1919 con la dislocazione della Direzione Sperimentale dell’Aviazione Militare, organo tecnico consultivo che doveva coordinare le attività aviatorie della Marina e dell’Esercito.

Ma la vera rinascita dell’aeroporto ebbe luogo dopo l’istituzione della Regia Aeronautica come arma autonoma (Regio Decreto n.° 654 del 28 marzo 1923) a cui seguì nel 1925 la costituzione del Ministero dell’Aeronautica del quale lo stesso Mussolini prese inizialmente la delega.

La Regia Aeronautica, con questi atti, fu seconda nel mondo solo alla Royal Air Force inglese, nel rendersi autonoma dalle altre forze armate. Inoltre, sull’onda dei movimenti politici e culturali del periodo, in particolare del “futurismo”, che si ispiravano fortemente al progresso tecnologico, la neonata Forza Armata venne notevolmente utilizzata dal regime fascista a scopi propagandistici. I numerosi record aeronautici conquistati, i grandi raid, le trasvolate transoceaniche collettive, derivavano indubbiamente dalle capacità tecnologiche dell’industria italiana, ma erano pure fortemente sostenuti dal governo, in particolare da Italo Balbo, numero due del regime fascista, appassionato aviatore e grande organizzatore.

L’Aeroporto Barbieri era protagonista di quegli eventi, punto di confronto di idee, studi, esperienze e contribuiva notevolmente al progresso aeronautico internazionale. Se il nome di Montecelio era famoso nel mondo lo si doveva certamente al valore delle attività che vi si svolgevano, ma anche all’attenzione che il regime gli dedicava: il Duce vi prese il brevetto di pilota, il figlio Bruno vi compì la parte più importante della sua breve carriera di pilota, finita tragicamente a Pisa. Molte delle imprese aviatorie che resero famosa l’Italia tra le due guerre mondiali, partirono da questo aeroporto alle porte di Roma comandato all’epoca da Mario De Bernardi, uno dei piloti più importanti che l’aeronautica italiana abbia annoverato.

Gli impianti della Direzione Studi Sperimentazioni ed Esperienze

Nel 1923 il generale del genio Alessandro Guidoni venne incaricato di costituire il Corpo Tecnico Aeronautico. Egli pose la sua sede a Montecelio e cominciò a trasferirvi tutti i laboratori sperimentali del Reparto Prove in Volo che, all’epoca, svolgevano le rispettive attività su sedi diverse e in modo alquanto autonomo e slegato. Installò a Vigna di Valle quelli per gli idrovolanti e a Furbara quelli per l’armamento.

A Montecelio, negli anni successivi, fu un fervore di dotazione di impianti e di costruzione di infrastrutture. Quasi subito venne realizzato un impianto per le prove di durata e resistenza di motori ed eliche, uno per le prove a fatica delle fusoliere e un pendolo per la taratura degli “inerziografi” posti a bordo dei velivoli. Nel 1924 fu costruita la prima galleria aerodinamica e venne messa in funzione la Sala Prova Motori, l’Officina di Precisione e l’Istituto Psicofisico dove si studiava la fisiologia umana nelle condizioni estreme delle alte quote. I primi edifici pubblici (alloggi, scuola, ufficio postale) erano i prodromi della futura città di Guidonia. Negli anni ‘27 e ‘28 fu costruita la famosa pista inclinata di 7 gradi che consentiva di accorciare notevolmente la corsa di decollo a velivoli sovraccarichi.

Guidoni era non solo un grande organizzatore ed un tecnico valente, ma anche un uomo coraggioso ed intellettualmente onesto e l’incidente in cui perse la vita lo dimostra: il paracadute “Freri” non era ancora a punto e il suo uso presentava rischi dei quali Guidoni era ben consapevole quando, il 26 aprile 1928, lo volle provare personalmente. I suoi dubbi ebbero una tragica conferma.

Le gallerie del vento

Gli successe Arturo Crocco, altro valente ufficiale del genio che, insieme a Ricaldoni, aveva progettato e realizzato il “dirigibile semirigido”. Crocco continuò l’opera di ampliamento e ristrutturazione del centro che, con disposizione ministeriale n. 13 del 5 maggio 1928 (solo pochi giorni dopo il decesso di Guidoni), divenne il Centro Sperimentale della Regia Aeronautica in cui confluirono tutti gli enti e reparti a carattere sperimentale collocati o istituiti sull’aeroporto ma che avevano mantenuto fino a quel momento una sostanziale autonomia. Nel frattempo veniva istituita, con sede iniziale a Roma, la Divisione Superiore Studi ed Esperienze (DSSE) alle cui dipendenze era posto il Centro Sperimentale.

Tra il 1932 e il 1935 l’aeroporto di Montecelio venne interessato da grandi lavori di ristrutturazione in base al progetto degli ingegneri Jammarino e Traverso. La linea ferroviaria Roma-Pescara, che costeggiava le installazioni del campo di volo e vi aveva una stazione nel perimetro, divenne il confine tra quest’ultimo e la sede definitiva della DSSE che fu arricchita di quattro nuove gallerie del vento. Una di esse è stata la prima galleria supersonica del mondo: attivata da una grande elica intubata mossa da un motore da 3.000 cavalli, consentiva sperimentazioni in fluido alla fantastica (per l’epoca) velocità di 2.500 Km/h. Inoltre, venne realizzata la vasca idrodinamica, lunga ben 493 metri, nella quale si sperimentarono modelli in scala di chiglie e scarponi di idrovolanti di ogni tipo. La Divisione Radioelettrica compì studi relativi alla ricetrasmissione elettromagnetica su tutte le bande di frequenza all’epoca conosciute e fu il centro di controllo radio a cui si appoggiò Italo Balbo nel corso delle sue trasvolate oceaniche.

Dai successi alla distruzione

Nel 1935, accanto alla Direzione Superiore sorse anche l’embrione della nuova città che, in onore del mai dimenticato Guidoni, fu battezzata col nome di Guidonia. All’inaugurazione, Benito Mussolini ebbe modo di notare ed apprezzare anche l’esempio di architettura razionalista con cui l’architetto Calza Bini aveva coniugato il progetto della città con quello delle installazioni della DSSE.

la galleria Idrodinamica

A Guidonia, vennero stabiliti molti record e primati conquistati dalla Regia Aeronautica che, nel 1939 alla vigilia della seconda guerra mondiale, ne deteneva 33 degli 84 previsti dalla Federazione Aeronautica Internazionale. Notevoli per l’epoca i record di altezza del colonnello Mario Pezzi (17.083 metri con velivolo monomotore a pistoni Ca. 161 bis, del 7 maggio 1937 e ancora imbattuto) e della Marchesa Carina Negrone (record femminile superiore ai 12.000 metri in cabina non pressurizzata). Da Guidonia partirono i famosi “Sorci Verdi”, gli SM. 79 che vinsero il raid Istres-Damasco-Parigi e compirono tante altre notevoli imprese, mantenendo una velocità talmente superiore a quella degli avversari da inaugurare il motto “ti farò vedere i sorci verdi”, inteso come “ti farò scappare ad una velocità altissima”. Da Guidonia partiva la linea aerea postale per Rio De Janeiro. Sempre da Guidonia partì il raid per Tokyo compiuto nel 1942, in piena seconda guerra mondiale. Dopo i tragici eventi successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943, i tedeschi occuparono la DSSE di Guidonia e ne asportarono parte delle apparecchiature e degli impianti, avviandoli verso la Germania. Nel 1944, prima di ritirarsi da Roma, i tedeschi minarono le infrastrutture per impedire che gli Alleati potessero usarle. Le gallerie del vento e altre installazioni, pur rimanendo “in piedi”, furono danneggiate in modo irreparabile, quindi non fu più possibile mantenere sulla base il Centro Sperimentale che, dopo la guerra, venne spostato sull’aeroporto di Pratica di Mare, dov’è tutt’ora.

A Guidonia furono dislocati alcuni reparti di volo tra i quali il Gruppo Caccia a difesa della Capitale che ebbe in dotazione fino alla fine degli anni ’60 l’ultimo caccia con propulsione ad elica progettato in Italia: il Fiat G.59, un aereo dalle superbe prestazioni se fosse entrato in servizio nella guerra mondiale, nato superatissimo in un periodo in cui ormai stava diffondendosi il motore a getto in grado di dare prestazioni molto superiori.

Lentamente, ma inesorabilmente, l’attività militare su Guidonia andava diminuendo con  la progressiva chiusura di quasi tutti i reparti di volo qui allocati: il Gruppo Caccia, il 303° Gruppo “Aerofotogrammetria”, eccetera. Solo I Gruppo “Volo a vela”, grazie all’orografia locale particolarmente favorevole a tale attività, continuava a mantenere attivo l’aeroporto.

Fino al 2008 Guidonia era anche la sede del “Comando Generale delle Scuole A.M.”, uno degli Alti Comandi istituiti nell’ambito della riorganizzazione dell’Aeronautica Militare, che è passata da una struttura territoriale ad una più moderna “per funzioni”. A seguito di tale ristrutturazione il Comando Scuole A.M. è stato trasferito da Guidonia a Bari, cosa che ha ulteriormente ridotto il valore militare della base.

Attualmente l’aeroporto “Barbieri” è sede del 60° Stormo “Volo a vela” dell’Aeronautica Militare, un reparto che mantiene una funzione ancillare a quelle più propriamente militari della “Difesa Aerea”, dell’”Interdizione strategica” e del “Concorso alle forze d’attacco di superficie”, e permette ai piloti dell’intera Forza Armata di cimentarsi con un’attività di volo molto particolare, anche con interessanti risvolti sportivi, in cui essi affinano le proprie capacità e sensibilità di pilotaggio. Gli aerei adibiti al traino degli alianti sono piccoli monomotori ad elica, i SIAI 208M, che però ben si inquadrano in un aeroporto che, dopo un grande passato, custodisce ricordi e monumenti ma non ha più molto da dire in un mondo aeronautico proiettato verso un futuro sempre più tecnologico.

L’aeroporto “Barbieri” appare come quel nobile decaduto che, sebbene non più integrato nella vita attuale, mantiene intatto il suo fascino e la sua dignità risalenti ad un mondo ormai perduto. Infatti, passeggiando per i viali alberati al di là della ferrovia, si avverte ancora la storia gloriosa di Guidonia che fa capolino tra le rovine della Vasca Idrodinamica e delle Gallerie del Vento che, sebbene coperte di rovi, sembrano accompagnare il visitatore attento a percepire il malinconico ricordo di un periodo in cui l’ingegno aeronautico italiano non era stato secondo a nessuno nel mondo.

a cura di Antonio Daniele